Archivio - Anni precedenti, Attivita - Corsi Tam
2018.08 LE FAGGETE VETUSTE D’ABRUZZO, LE PIU’ ANTICHE D’EUROPA, PATRIMONIO DELL’UMANITA’
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Come tutti ricordano, durante l’estate dello scorso anno le montagne appenniniche sono state incenerite con particola violenza dalle fiamme. Non è stata l’unica brutta notizia per i nostri alberi: a fine novembre se n’è andato anche il Re Faione, stroncato dal vento e dall’età. Incuteva rispetto con i suoi 500 anni, i 25 metri di altezza e gli oltre 6 metri di circonferenza. A quest’amico con le foglie, che qualche anno fa abbiamo avuto il piacere di abbracciare, ha reso opportunamente omaggio su Tracce Paolo De Stefanis.
C’è comunque qualcosa che consola nella sua malinconica fine: non è morto per le violenze degli uomini, ma di morte naturale, consumato dallo scorrere del tempo e dalle forze della natura. E va aggiunto che non è l’unico albero delle nostre montagne che sia riuscito a completare il suo ciclo vitale fino alla massima età possibile. Anzi: ci sono intere foreste, quelle cosiddette vetuste.
Agli inizi di luglio del 2017, esattamente un anno fa, mentre i roghi devastavano il territorio, ben cinque foreste marsicane di faggi primordiali sono state riconosciute dall’UNESCO (l’organizzazione dell’ONU che si occupa di educazione, scienza e cultura) <patrimonio mondiale dell’umanità, cioè particolarità naturalistiche e culturali di importanza universale. Detto per inciso, l’Italia, in questa speciale lista si colloca al primo posto con ben 54 siti, di cui 5 naturali: Dolomiti, Etna, Eolie, Monte S. Giorgio (tra Canton Ticino e provincia di Varese), e, appunto, le faggete vetuste.
Vetusto – aggettivo un po’ letterario ed inconsueto – significa carico d’anni. Non è bello, e neanche molto rigoroso, dal momento che le foreste così designate presentano sì alberi secolari, ma hanno il loro elemento distintivo nell’assenza di interventi umani. In altri termini, una foresta vetusta è assolutamente intatta, ha un grado di naturalità molto elevato. Quindi accanto a vecchi faggi con le chiome diradate e i rami troncati, o addirittura ridotti solo al tronco, ci sono piante di diverse età e specie in pieno vigore vegetativo. Gli alberi morti, decomponendosi in piedi o a terra, creano le condizioni favorevoli per la vita di licheni, muschi, funghi, insetti, pipistrelli ecc. Detto altrimenti, la necromassa, cioè le sostanze organiche morte, diventano humus per la conservazione della diverse specie viventi e della natura in tutta la sua ricchezza, ossia della biodiversità.
Dove invece l’uomo interviene con i tagli, il diradamento delle piante provoca erosione e diminuzione della fertilità del terreno a causa della morte di molti microrganismi.
Addentrarsi in una foresta vetusta è davvero un’esperienza. Agli inizi tutto sembra normale e consueto, tanto che mi è capitato di pensare, e me ne vergogno un po’: Tanto rumore per nulla!: Poi ci si accorge che a parte qualche debole traccia incostante lasciata dagli animali, mancano sentieri e indizi per orientarsi in modo svelto. Si fa allora attenzione ad altri segni: la corteccia di un faggio marchiata da un’unghiata d’orso, impronte sconosciute, un mondo vegetale insolito e sorprendente. E quando la luce si riduce ad uno spiraglio che filtra a fatica tra le chiome degli alberi, un brivido percorre la schiena. Ma, con la paura di perdersi, germina anche lo stupore di scoprirsi in un antico paradiso, in compagnia di una varietà unica di piante ed di animali.
Le faggete del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, primo sito UNESCO in Abruzzo, sono cinque: Val Cervara (Villavallelonga), Moricento (Lecce nei Marsi), Coppo del Morto e Coppo del Principe (Pescasseroli), Cacciagrande (Val Fondillo, Opi). Quella di Val Cervara copre più di cinquanta ettari e annovera i faggi più vecchi d’Europa, non lontani dai seicento anni.
Esse sono state inserite nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO assieme ad altre foreste italiane presenti nei parchi naturali del Casentino, del Gargano, del Pollino, di Bracciano e di Monte Cimino. E va aggiunto che il riconoscimento UNESCO riguarda anche faggete vetuste presenti in altri undici paesi europei: Romania, Slovacchia, Austria, Belgio, Slovenia, Spagna, Albania, Bulgaria, Croazia, Germania, Ucraina: una vera rete europea nel nome dell’integrità e della bellezza della natura. Potrebbe esserci augurio migliore per il futuro del continente
di Nicola Racano